GARDONE RIVIERA - Non è facile, con i tempi che corrono, trovarsi dinanzi a un giovane che scarti, di forza, ogni seduzione, non solo di ciò che forma le cadenze della moda, ma ogni seduzione esterna o laterale al proprio mondo; un giovane che s'introduca, questo ci sembra il verbo esatto o, forse, ancor meglio, s'intrufoli nel proprio mezzo espressivo, che è l'incisione, con la totalità dura e ribalda con cui s'è messo in azione Aurelio Bertoni; classe 1960; luogo di nascita Lovere; cioè a dire le rive di quel lago (l'Iseo), dove il grande, rivoltoso Romanino edificò uno dei suoi capolavori più emozionanti e, a noi sembra, ancor inulti (Pisogne, S. Maria della neve). A vendicarlo sta forse dando una mano proprio lui, il giovanissimo Bertoni? Par proprio di sì. Una mano a far questo e un'altra a riportare, nelle discussioni sull'arte un possibile valore, ancora, del dialetto. Un dialetto figurativo, inteso, com'è giusto che sia ai nostri giorni, non tanto quale "rifugio" o quale "ritorno", bensì quale combattimento; vera e propria azione contestativa nei confronti della koiné legalizzata dai tribunali estetici di quella medianità internazionale che fa e disfa biennali e controbiennali, rassegne ufficiali e controufficiali;l'une e l'altre non mai così opposte a ciò che le precedette da non poter essere, prima di tutto, loro pro' e, dunque, loro virtuale continuazione.
L'opera incisoria di Bertoni si presenta come un rifiuto di tutto ciò che non riguardi il peso, il dolore, persino l'ingombro psichico, fisico e osseo dell'evento umano. Non che Bertoni non avverta ciò che sta accadendogli attorno; è che lo "biffa" subito, perché sente che, un'altra volta, si sta svicolando dal vero e proprio problema. Quel problema che riguarda come tenere, oggi, al centro del mondo e, dunque, per riflesso, del mondo figurativo, proprio lui, l'uomo; e l'uomo così come s'è ridotto oggi.
Seguendo i passi dell'antico Romanino, che furono poi i passi di tutta la "fronda" che durante il Rinascimento il Nord ebbe a operare nei confronti della tensione eminentemente formale degli "uomini d'oro", Bertoni sembra cercare, più che appoggi estetici, appoggi morali o, per dir meglio, compagni d'avventura, in quella grande sezione dell'arte moderna che fu l'attività incisoria degli espressionisti: e che s'è riaperta, in questi ultimi anni, sempre in Germania, con più d'un nome determinante. Tuttavia, là dove, presso gli espressionisti o i neo-espressionisti, l'incidenza della rabbia "sociale" induce il bulino a compiere ellissi, spesso, preventive, seppure di violenta marcatura, Bertoni costringe le sue dure e umanissime "punte" ad afferrarsi all'uomo, alle sue case, ai suoi oggetti, ai suoi animali, e, soprattutto, alla sua nera disperazione e lì sostare, cavandone, pur nel tragico digrignar d'ossa, di mobili e di visi, pur nell'ossessivo latrar di cani e volare, ovunque, di nerissimi pipistrelli, una sorta di "compagnonesca" allegria; allegria, più che di "naufraghi", di disperati, di "lunatici" e solitari. Sì che la coscienza dell'umano dolore, la quale sovrasta come un mostro divorante il mondo di Bertoni, proprio mentre par giungere al limite della devastazione, scateni una rissa di battute, di gorgoglii, d'insulti proditori e insieme amicali, che sconfina in un'atroce, amara falstaffiana risata. Tale risata non liquida nulla della dura coscienza in cui vivono le incisioni di Bertoni; se mai garantiscano la sua autenticità; e, senza mai virar di bordo, ne rendono attivissima la meditazione. Un bulino da seguire in quel che sarà il suo cammino; ma, già oggi, d'una forza e d'una autonomia, a dir poco, sorprendenti.
Ecco un nome da scrivere sull'agenda del presente e del futuro; uno di quelli su cui, prima o poi, varrà la pena d'intrattenerci per dar conto d'un panorama contrario, o esterno, et pour cause, a quelle che sono le proposte, sempre amministrate, che l'ufficialità slegata a parole, ma legatissima nei conti e nei fatti, ai vari poteri, nazionali e internazionali, ci ammannisce; aggiungendovi, quasi non bastasse, la ridicola presunzione dell'obbiettività, mentre è sempre elitaria e mondana soggettività.
Giovanni Testori